TAV, che tristezza. Pochi giorni fa Progresso Torino ricordava come una consigliera di maggioranza al Comune, Sara Diena di Sinistra Ecologista, durante la campagna elettorale si fosse prodotta nel più classico degli attacchi No TAV alla costruenda ferrovia ad alta velocità, con gli immancabili travisamenti di dati. Attacco cui l’attuale assessore suo compagno di partito, Jacopo Rosatelli, non aveva mancato di apporre il suo like.
Vicesindaco No TAV in Città Metropolitana
Date queste alleanze, era abbastanza prevedibile che il PD prima o poi avrebbe dovuto pagare pegno al falso ecologismo No Tav che tanti danni ha già fatto. Non era pensabile che ciò avvenisse così presto e così platealmente, ma è accaduto. Infatti, Lo Russo ha assegnato una bella carica di vicesindaco metropolitano, con tanto di delega alle infrastrutture, a chi? A un notissimo sindaco No Tav della famigerata bassa Val di Susa. Non si tratta del sindaco di un comune qualunque, ma di Condove, proprio il comune in cui il movimento No Tav vide la sua nascita nel lontano 1989, grazie all’attivismo di Alberto Perino, leader riconosciuto per tanti decenni.
Si può dire che il giovane Jacopo Suppo sia cresciuto all’ombra del suo famoso compaesano apprendendo dalla sua viva voce tutta la mistica e i dogmi di quella che per una parte dei valsusini è stata una sorta di “religione” ambientalista. Questa prevede la difesa della sacralità delle montagne, che mai avrebbero dovuto patire l’oltraggio di una ferrovia che le penetrasse, evocando così tutti i malefici con cui la Natura avrebbe vendicato sé stessa.
Il ruolo del vicesindaco
Ma cos’è questa misteriosa carica di vicesindaco della Città Metropolitana, organo di cui a molti sfugge persino l’esistenza, non essendo eletto dai cittadini? Per la verità, non sembra che fosse una carica originariamente prevista, ma è comprensibile che il sindaco di una grande città non possa accollarsi anche l’onere di rappresentare un territorio così vasto. Di conseguenza, è plausibile che esista ed anzi è un incarico ben pesante, tanto che qualcuno sta paragonando Suppo ai presidenti di Provincia di un tempo, con tanto di assessori in giunta e di deleghe.
E che deleghe! Suppo, oltre a coordinare l’attività su tutto il territorio provinciale, si occuperà di lavori pubblici, gare e contratti, infrastrutture, sviluppo montano, patrimonio, partecipate, assistenza Enti locali, rapporti con il territorio e i cittadini. Non si tratterà quindi di pura rappresentanza.
Ciò premesso, pare lecito chiedersi come mai per un ruolo così impegnativo sia stato scelto il sindaco di un piccolo comune di 4500 abitanti. Inutile almanaccare, perché pare evidente che non è il comune ma è la Nuova Linea Torino Lione la ragione della scelta.
TAV: quel che si dice e qual che si fa
La TAV non è in discussione! Ripetono i sostenitori del sindaco metropolitano. E ci mancherebbe altro! Diciamo noi, che almeno una certezza l’avevamo, dopo le grandi piazze del 2018-19, quella di Lo Russo sincero Sì TAV. E se la TAV non fosse in discussione, logica vorrebbe che in Valsusa non si desse tale potere di controllo sul territorio a uno che è convinto che la TAV sia opera inutile e che il volano economico che ne deriverebbe non sia necessario! Ci voleva un sincero riformista e, non trovandolo perché in questi decenni in Val di Susa si è fatta terra bruciata con ogni metolo lecito e illecito intorno ai dissidenti, si cercava un vicesindaco altrove, in quella zona di Ivrea, ad esempio, che tanto bisogno avrebbe di rilancio.
A Lo Russo si concede la buonafede nel principio, ma si rimane veramente perplessi di fronte alla disinvolta strategia che sta adottando. Questa si spiega, oltre che con le alleanze elettorali, che celano sempre mosse sorprendenti, con la inveterata abitudine risalente al Pci di egemonizzare movimenti di protesta sfuggiti a lungo al controllo del partito, convinti di domarli a suon di contributi amministrativi, commutabili facilmente, si pensa, in consenso e in voti. Una operazione di potere che forse aveva qualche chance ai tempi del partito gramsciano, ben saldo sul territorio, ma che oggi è un vero azzardo. Infatti, in questa valle gli esponenti del Pd non osavano neppure mettere piede in campagna elettorale per non essere svillaneggiati. Qui le sezioni sono scomparse o, se rimaste, sono diventate No TAV per potere aprire i battenti e non vedersi vandalizzata la sede.
I rischi di un vicesindaco No TAV
Già, perché forse Lo Russo non mette in conto che i tempi sono cambiati, che l’inquietudine che attraversa il nuovo ecologismo è forte e non si sa dove andrà a parare. Infatti, il grillismo è stato solo una fase di tale inquietudine, quella forse più rozza e in media meno idealista, ma i movimenti di base ci mettono nulla a ripartire, anzi, là non si sono mai fermati. Questo si vede anche dagli attacchi al costruendo autoporto di San Didero e l’incessante pressione degli ultimi tempi sul cantiere. La saldatura con l’area antagonista di Torino è di fatto permanente.
L’idea che un giovane sindaco ambizioso, avverso tuttora all’opera, sia quanto di meglio per una manovra egemonica, è piuttosto azzardata se non bizzarra, anche se pioveranno i soldi delle compensazioni gonfiati da quelli del PNRR. Dipenderà se si accontenterà di essere giubilato in Regione in qualche modo, così come è accaduto a Antonio Ferrentino, segnando un solco fra sé e il movimento. Oppure se vorrà giocarsi la partita con il suo elettorato sfruttando le provvigioni che si ritroverà a gestire, ma nella certezza che comunque il movimento non si fermerà.
La formazione di Jacopo Suppo
Verrebbe da propendere per la seconda perché Jacopo Suppo non è soltanto cresciuto in una famiglia di antica sinistra, sotto l’egida della madre, già sindaca a sua volta. Non ha solo assorbito l’ideologia pacifista e assemblearista di Perino e tutte le sue teorizzazioni sulle azioni non violente, in cui il sedicente Gandhi valsusino ricomprendeva anche il sabotaggio. Inoltre, Suppo è un sindaco che si è occupato recentemente di gestione di beni comuni con un paio di sperimentazioni che non sarebbero spiaciute per nulla al famoso prof. Ugo Mattei, salito di recente alla ribalta nazionale nelle vesti di No Vax. Quello stesso Mattei che è stato fra i principali teorici del movimento avverso al treno e fra i fautori della gestione comunitaria del territorio.
Ecco che l’assemblearismo di base, tanto caro a Perino, torna ancora nel giovane Suppo e diventa la cifra della sua politica nella gestione dei beni comuni. Cosa significa? Che i beni comuni vanno governati autonomamente da chi si costituisce in gruppi di base per amministrarli e deciderne la finalità comunitaria, sia questi un gruppo spontaneo di cittadini o un gruppo di enti, purché al di fuori di una logica di mercato e di profitto. Una sorta di comunitarismo dal basso detto eco-diritto dalle comunità auto-organizzate. Questo contempla la gestione dei beni comuni (aria, acqua, suolo, beni naturali in genere, ma anche beni collettivi e beni privati cosiddetti “in eccesso”) decisamente avversa alle attuali società per azioni partecipate da enti pubblici.
In Val di Susa ci sono anche Sì TAV
Se si pensa a cosa ciò potrebbe significare in un territorio dove da tempo quella parte della popolazione che dissente con la maggioranza dei No Tav è brutalmente esclusa da ogni controllo, da ogni appalto, concorso o che dir si voglia, non parrebbe la mossa migliore per pacificare sotto le ali dello Stato i sindaci della Valsusa. Qui i No TAV continueranno a spadroneggiare in tutte le questioni territoriali, mentre gli altri si vedranno ancora una volta discriminati nelle scelte che contano solo perché Sì TAV o allergici alla finta democrazia delle assemblee di base.
Lo Russo quindi si è posto in perfetta continuità con le infinite contraddizioni e tentennamenti del PD sull’opera, sempre con il sacro terrore di perdere consensi alla sua sinistra, che poi ha perso alla grande appena si sono mossi i Cinquestelle. Sembra di essere tornati ai tempi di Sandro Plano presidente dell’Unione Montana e sindaco per 15 anni di Susa, piddino tesserato e capo No TAV non in grado di fermarne la deriva violenta.
Le nostre conclusioni
Morale: quelli della decrescita felice, della stagnazione, delle grandi opere da fermare vengono premiati, ricoperti di soldi con le compensazioni e il movimento si rafforza perché il rivolo dei benefit arriva anche a loro. Un compromesso? Si direbbe di no. Bensì la premessa perché i No Tav continuino per almeno altri dieci anni le loro “lotte” in Val di Susa. In questo modo si opporranno a qualsiasi variante locale in una mobilitazione continua e reclamando diritti su tutto, dalla gestione dei rifiuti alla occupazione di qualsiasi area dismessa, come già sta accadendo. E i sindaci Sì TAV delle manifestazioni torinesi? Che tacciano se vorranno qualche briciola per ricostruire qualche marciapiede e che non s’arrischino a toccare il movimento.
In questi dieci anni bisognerà però decidere il tracciato a valle di Avigliana e la sorte dello snodo di Orbassano, importantissimo per il futuro di Torino. Come andrà a finire?
Caterina Simiand